La Lega ha fatto credere per anni che avrebbe tenuto la crisi lontana dal territorio. Non solo: ha alimentato il sogno che fosse sufficiente mantenere localmente le ricchezze prodotte per diventare ancora più ricchi.
Massimo esponente di queste teorizzazioni è stato l’ex senatore ed ora presidente della provincia Dario Galli. Quando, lunedì 17 ottobre, all’assemblea provinciale di Varese della Confesercenti, si è visto recapitare un documento in cui gli si chiedeva conto dell’abolizione delle province “senza più rinvii”, è rimasto talmente incredulo, che indignato ha sbattuto la porta e se n’è andato. Il numero uno di Villa Recalcati (sede della provincia) ha preferito abbandonare la sala prima dell’incontro.
La fuga di Galli è la metafora di quanto sta accadendo in provincia di Varese. È la dimostrazione dell’incapacità di una classe dirigente di far fronte alla crisi che sta incidendo nel tessuto produttivo e colpendo pesantemente i lavoratori. Da Caronno Pertusella, a Sud della provincia, alle porte di Milano, dove protestano i lavoratori della EMI, il noto marchio che produce CD e DVD, a Caravate a Nord di Varese, dove sono i dipendenti della IMA (arredi bagno) a rischiare di perdere il posto di lavoro, è palese l’assenza di una politica industriale.
La diserzione del presidente Galli rappresenta la metafora della crisi di una classe dirigente, nata per risolvere i problemi del Nord, oggi, contestata dai suoi stessi militanti che si sono resi conto della omologazione del gruppo dirigente al sistema centralista, dimostrando di essere soltanto un pezzo del sistema berlusconiano. La Lega ha sprecato totalmente la sua autonomia e di questo molti settori della società varesina e del Nord Italia si rendono conto. La crisi del berlusconismo sta oscurando quella della Lega Nord. Ma la crisi del partito di Bossi che ha preteso di rappresentare gli interessi del territorio è altrettanto drammatica. Vengono al nodo vent’anni di politiche pubbliche irrisolte. Non c’è una delle ragioni per cui era nata la Lega che può dirsi superata. Dalla critica al ceto politico, i parlamentari leghisti sono passati a difendere politici corrotti e in odore di mafia. Il debito pubblico, lungi dall’essere ridotto, è stato ulteriormente incrementato. Dalla riduzione delle tasse e ad una diversa redistribuzione, nulla è stato risolto. Mentre le condizioni generali sono peggiorate.
A Bossi e soci questa volta non basterà rispolverare vecchi slogan separatisti per riacquistare credibilità. Il federalismo vagheggiato per anni è stato omesso dall’agenda politica. Oggi, la Lega è un potentato di pochi. Tanto che i militanti sono passati a criticare direttamente Bossi, come è avvenuto nel recente congresso provinciale di Varese.
Di Giuseppe Nigro
da l' "Avanti della Domenica"