lunedì 6 giugno 2011

I socialisti varesini contro la terza pista a Malpensa

Riesplode il dibattito sulla terza pista di Malpensa dopo la presa di posizione contraria di AssAereo, l'associazione dei vettori legata alla Confindustria.
La questione dell'aeroporto di Malpensa ha da sempre visto la classe politica della provincia di Varese in posizione subordinata a quella milanese. La classe dirigente leghista aveva già dimostrato la sua subalternità a Berlusconi al tempo del ritiro di Alitalia da Malpensa. Non uno dell'inner circle di Bossi si è premurato di tutelare l'economia locale.
Che dire dunque? In Lombardia il quadro politico del potere locale va modificandosi. La vittoria di Giuliano Pisapia a Milano sicuramente apre nuovi orizzonti e una gestione più oculata delle risorse pubbliche. La vittoria del centrosinistra guidato da Edoardo Guenzani a Gallarate consente di rivedere antichi e abusati rapporti fra la metropoli lombarda e le città vicine.
Noi socialisti siamo convinti della necessità di interrompere le politiche pubbliche che hanno deturpato e consumato in modo scriteriato il territorio della provincia di Varese. Una terza pista non serve, né all'aeroporto, né allo sviluppo del territorio. Farebbe soltanto la felicità di grandi imprese costruttrici, della speculazione. Serve invece un piano per la gestione funzionale degli aeroporti della Lombardia; più che farsi concorrenza essi dovrebbero specializzare le rispettive funzioni al servizio della regione e dell'intero Nord Italia. Per realizzare un simile piano occorrono opere infrastrutturali di collegamento, ancora oggi, poco sviluppate.
Riteniamo fin d'ora che enti locali e provincia si debbano mobilitare per tutelare il territorio. Alcuni giorni fa, all'assemblea annuale dell'Univa, l'industriale Cuccinelli, in un moto di compiacenza cercava di stabilire analogie fra il territorio varesino e quello umbro, dove opera la sua azienda. Nessun ha osato rispondergli che la provincia di Varese non può più permettersi di utilizzare neppure un centimetro del suo territorio a fini speculativi, pena la distruzione definitiva dei tratti morfologici di un ambiente già oggi seriamente compromesso.

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