Come si fa – prendendo in prestito le parole di Antonio Giolitti - a costruire in Italia una sinistra “credibile, affidabile e praticabile”?
Io aggiungerei: a chi dar retta, a Veltroni o a Napolitano?
Il primo ripropone dopo il test elettorale di Milano e Napoli la riapertura del confronto interno al Pd, ovvero la messa in discussione del segretario attuale, per ripercorrere la strada fallimentare dell’autosufficienza del Pd, negando l’alleanza elettorale con i riformisti, ma accettando il cappio estremista di Di Pietro.
Il Presidente della Repubblica suggerisce invece un’analisi impietosa degli ultimi quindici anni, che non si limiti al solo Pd, ma a tutti i partiti dell’opposizione che si richiamano alla sinistra.
Inneggiare però all’intervento di Napolitano senza mettere mano a ‘questa’ sinistra sarebbe un comportamento da sciocchi.
La risposta la devono dare per primi i partiti della sinistra riformista, Pd e socialisti, con la mossa del cavallo, da fare subito dopo queste amministrative.
Evitiamo di ricadere nelle polemiche autoreferenziali e passiamo direttamente a dare vita ad un movimento nuovo di zecca che si richiami al socialismo liberale; un “partito per l’Italia” legato al Pse e che si batta per allargare l’Internazionale socialista all’area democratica, dialogando con Obama, ma anche con i leader laici che possono emergere dalla stagione di rivolgimenti che sta interessando alcuni Paesi africani.
Noi siamo pronti a una costituente che riprenda la strada interrotta nel 2005, quella della coalizione riformista, a partire da Pd e socialisti.
Quella coalizione segnò una duplice vittoria, nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005 vinse perché era “credibile, affidabile e praticabile”; e furono le ultime vittorie.
Ci serve un’Epinay italiana.
Io aggiungerei: a chi dar retta, a Veltroni o a Napolitano?
Il primo ripropone dopo il test elettorale di Milano e Napoli la riapertura del confronto interno al Pd, ovvero la messa in discussione del segretario attuale, per ripercorrere la strada fallimentare dell’autosufficienza del Pd, negando l’alleanza elettorale con i riformisti, ma accettando il cappio estremista di Di Pietro.
Il Presidente della Repubblica suggerisce invece un’analisi impietosa degli ultimi quindici anni, che non si limiti al solo Pd, ma a tutti i partiti dell’opposizione che si richiamano alla sinistra.
Inneggiare però all’intervento di Napolitano senza mettere mano a ‘questa’ sinistra sarebbe un comportamento da sciocchi.
La risposta la devono dare per primi i partiti della sinistra riformista, Pd e socialisti, con la mossa del cavallo, da fare subito dopo queste amministrative.
Evitiamo di ricadere nelle polemiche autoreferenziali e passiamo direttamente a dare vita ad un movimento nuovo di zecca che si richiami al socialismo liberale; un “partito per l’Italia” legato al Pse e che si batta per allargare l’Internazionale socialista all’area democratica, dialogando con Obama, ma anche con i leader laici che possono emergere dalla stagione di rivolgimenti che sta interessando alcuni Paesi africani.
Noi siamo pronti a una costituente che riprenda la strada interrotta nel 2005, quella della coalizione riformista, a partire da Pd e socialisti.
Quella coalizione segnò una duplice vittoria, nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005 vinse perché era “credibile, affidabile e praticabile”; e furono le ultime vittorie.
Ci serve un’Epinay italiana.
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