La Lega ha fatto credere per anni che avrebbe tenuto la crisi lontana dal territorio. Non solo: ha alimentato il sogno che fosse sufficiente mantenere localmente le ricchezze prodotte per diventare ancora più ricchi.
Massimo esponente di queste teorizzazioni è stato l’ex senatore ed ora presidente della provincia Dario Galli. Quando, lunedì 17 ottobre, all’assemblea provinciale di Varese della Confesercenti, si è visto recapitare un documento in cui gli si chiedeva conto dell’abolizione delle province “senza più rinvii”, è rimasto talmente incredulo, che indignato ha sbattuto la porta e se n’è andato. Il numero uno di Villa Recalcati (sede della provincia) ha preferito abbandonare la sala prima dell’incontro.
La fuga di Galli è la metafora di quanto sta accadendo in provincia di Varese. È la dimostrazione dell’incapacità di una classe dirigente di far fronte alla crisi che sta incidendo nel tessuto produttivo e colpendo pesantemente i lavoratori. Da Caronno Pertusella, a Sud della provincia, alle porte di Milano, dove protestano i lavoratori della EMI, il noto marchio che produce CD e DVD, a Caravate a Nord di Varese, dove sono i dipendenti della IMA (arredi bagno) a rischiare di perdere il posto di lavoro, è palese l’assenza di una politica industriale.
La diserzione del presidente Galli rappresenta la metafora della crisi di una classe dirigente, nata per risolvere i problemi del Nord, oggi, contestata dai suoi stessi militanti che si sono resi conto della omologazione del gruppo dirigente al sistema centralista, dimostrando di essere soltanto un pezzo del sistema berlusconiano. La Lega ha sprecato totalmente la sua autonomia e di questo molti settori della società varesina e del Nord Italia si rendono conto. La crisi del berlusconismo sta oscurando quella della Lega Nord. Ma la crisi del partito di Bossi che ha preteso di rappresentare gli interessi del territorio è altrettanto drammatica. Vengono al nodo vent’anni di politiche pubbliche irrisolte. Non c’è una delle ragioni per cui era nata la Lega che può dirsi superata. Dalla critica al ceto politico, i parlamentari leghisti sono passati a difendere politici corrotti e in odore di mafia. Il debito pubblico, lungi dall’essere ridotto, è stato ulteriormente incrementato. Dalla riduzione delle tasse e ad una diversa redistribuzione, nulla è stato risolto. Mentre le condizioni generali sono peggiorate.
A Bossi e soci questa volta non basterà rispolverare vecchi slogan separatisti per riacquistare credibilità. Il federalismo vagheggiato per anni è stato omesso dall’agenda politica. Oggi, la Lega è un potentato di pochi. Tanto che i militanti sono passati a criticare direttamente Bossi, come è avvenuto nel recente congresso provinciale di Varese.
Di Giuseppe Nigro
da l' "Avanti della Domenica"
venerdì 4 novembre 2011
martedì 18 ottobre 2011
La lotta, i movimenti e i partiti
La manifestazione degli “indignados” italiani, purtroppo inquinata dalla violenza, si è svolta in un quadro internazionale, contro il potere globale della finanza e delle banche.
Su questa protesta, dopo ciò che abbiamo visto in Spagna, si è scritto molto, anche negli Usa, dove è iniziata con la contestazione a Wall-Street. Ieri, in un’intervista a Repubblica, Danielle Mitterand (87 anni e presiede l’associazione France Libertés) dice che «indignarsi è giusto anzi: necessario». Io, che ho la sua età, condivido il suo giudizio, anche quando osserva che i giovani “di oggi”, per cambiare il mondo, dovranno «prima cambiare se stessi». Si riparla di cambiare il mondo e, come dice la Mitterand, di «promuovere un pensiero di vera rottura del capitalismo… mettendo al centro una sola cosa: il rispetto della vita».
Ma - ecco la domanda che dobbiamo farci - dopo questa e altre manifestazioni, quale sbocco politico prevedibile ha il movimento degli indignados?
Danielle Mitterand nota che nei giovani che manifestano non c’è una delusione per politica ma per come viene concepita e praticata. E osserva che i giovani non si riconoscono negli «attuali partiti che ormai sono diventati palestre per ambizioni e carriere di alcuni dirigenti». Questo è vero, solo in parte. Sappiamo anche che le manifestazioni hanno sempre un senso politico: ma qual è l’approdo?
L’anziana vedova di Mitterand, (ha però una sua storia politica), ritiene che «la morte dell’attuale modello economico porterà alla scomparsa dei vecchi partiti e la partecipazione democratica avverrà soprattutto attraverso le reti, sarà una politica più orizzontale».
Ho ripreso testualmente questa opinione perché è quella che anche in Italia, e in altri paesi, si fa avanti, è presente nel dibattito che si svolge non solo nelle reti.
Io, invece, temo che queste opinioni su un futuro della democrazia che ignora l’oggi allontanino i giovani dallo scontro politico che si sta svolgendo fra i partiti, e nei partiti, in tutto il mondo. Cioè, temo una separazione dei movimenti dal concreto svolgersi della lotta politica tutta a vantaggio della conservazione. La «morte dell’attuale modello economico», di cui parla la Mitterand, non è dietro l’angolo, ma ovunque si discute cosa fare per introdurre riforme incisive al «modello esistente», per impedire catastrofi sociali e tentare vie di sviluppo che mettano al centro il «rispetto della vita».
Io non penso, come altri, che il capitalismo sia l’ultima categoria della storia dell’umanità. Ma come, e quando, potrà essere superato? Nella mia giovinezza pensavo di saperlo. La storia però, e non da ora, mi ha fatto capire che non ci sono scorciatoie e occorre lottare per il progresso, i diritti, tendere all’uguaglianza degli uomini e delle donne, e gradualmente modellare la società per dare risposte anche parziali a questo cammino. È quel che ha fatto nel secolo scorso il riformismo socialista. Ed è quello che, nelle mutate condizioni del mondo, potrà fare ancora il riformismo socialista con un partito fatto di uomini e donne in carne e ossa, che si incontrano, non solo in Rete, ma in tante sedi: a discutere, a manifestare, a lottare, ad opporsi, a decidere e a governare.
Ai giovani che manifestano, direi: «Senza questo percorso, dopo le manifestazioni, ci sarà solo la conservazione del «modello esistente». È stato sempre così. E oggi questo scenario è presente soprattutto in Italia, dove manca una grande forza riformista e il vecchio modello conservatore ha assunto connotati che deformano il volto della democrazia e sporcano la politica. Occorre reagire. E si può fare impegnandosi a rinnovare i partiti, senza negare la loro storia. In questo quadro ricordiamo agli smemorati che i partiti socialisti sono strumenti, costruiti su progetti politici per modificare i vecchi modelli. I partiti, tutti, vanno governati, modificati e rinnovati con la lotta politica e la partecipazione, anche con i movimenti. Se si vuole mantenere e alimentare un regime democratico, garante di ogni progresso, non ci sono altre strade.
Emanuele Macaluso, da "Il Riformista"
(http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/411331/)
domenica 9 ottobre 2011
I GIOVANI SEPARATI DALLA POLITICA (di Emanuele Macaluso)
«Le difficoltà dei giovani debbono preoccuparci, senza di loro non c’è sviluppo, rischia il futuro del paese». Ieri, tutti i giornali, hanno ripreso queste parole pronunciate da Mario Draghi nel suo intervento svolto all’Abbazia di Spineto, nel corso del seminario organizzato dall’“Intergruppo parlamentare di sussidiarietà”, che fa capo a due autorevoli esponenti della maggioranza e della opposizione, rispettivamente del Pdl e del Pd: Maurizio Lupi ed Enrico Letta. Sottolineo il ruolo dei due parlamentari per il discorso che voglio fare. Le parole di Draghi sembrano una ovvietà per chi guarda come vanno le cose nel nostro paese, ma se hanno avuto l’eco a cui ho accennato significa che il tema è scottante e ognuno avverte di essere corresponsabile del fatto che un’intera generazione è tagliata fuori dal mercato del lavoro, così com’è oggi, in un paese dove le previsioni dicono che nei prossimi anni non ci sarà sviluppo.
Cosa pensano i giovani di questa drammatica realtà e cosa fanno per uscirne? È una domanda a cui è difficile rispondere, e non solo perché sono vecchio. Ieri sono stato all’Università di Tor Vergata di Roma nella facoltà di ingegneria (in Italia una delle più qualificate) dove si laureavano in elettronica undici giovani, tra cui il figlio di mia moglie. Cinque di questi ragazzi hanno ottenuto il 110 e lode, altri dei 110 senza la lode, nessuno meno di 107. Tutti presentavano tesi che avevano attinenza con innovazioni per la produzione di strumenti sofisticati che utilizzano l’elettronica. Quel che mi ha colpito nei giovani che gremivano l’aula era l’interesse per una materia, di cui io non capisco nulla, che segna la rivoluzione tecnologica che stiamo vivendo. Sono migliaia i ragazzi che operano in questo e in altri campi con impegno, interesse e rigore, e ci sono tanti professori bravi, colti e dediti al loro lavoro.
In quell’aula mi chiedevo: tutti questi giovani cosa pensano della politica? A me sembra che vivano un mondo pieno di interessi e separato dalla politica. Domanda che si pone se vai in altre facoltà. Discorso, da fare se vai in una fabbrica, in un luogo di lavoro.
Anche in quelli dove si lavora in nero per pochi euro e si può anche morire. Mi capita spesso di frequentare aule universitarie dove si svolgono seminari sulla storia politica del Paese e trovo sempre tanti giovani impegnati, curiosi, studiosi di storia e dottrine politiche e colgo, diversamente da altri luoghi, che matura in loro anche un interesse politico ma non di fare politica. Semmai vogliono fare i giornalisti. Io non so se vi capita di osservare i giovani che anche in questi giorni protestano per le condizioni in cui si trova la scuola pubblica: protesta squisitamente politica, di opposizione al governo, ma si ferma lì, non va oltre.
Potrei fare molti altri esempi con altri riferimenti, ma tutti pongono un problema: e la politica? E i partiti che sono o dovrebbero essere le sedi in cui la protesta e la proposta, il desiderio e la volontà di fare prevalere alcuni valori e ideali si traducono in politica e organizzazione del dissenso e del consenso, dove sono? Le parole di Draghi, le argomentazioni di studiosi, dei sindacati, della Confindustria e di tante altre organizzazioni - che ritroviamo anche nelle analisi e nelle denuncie dei vescovi - chi e come li traduce in un conflitto politico che produce discussioni politiche? Queste domande faccio a Maurizio Lupi e a Enrico Letta, organizzatori del seminario cui ho accennato. Ma anche esponenti del partito del presidente del Consiglio (si fa per dire) e del partito più forte (di consensi) dell’opposizione.
Perché tanti giovani, in fabbrica e nelle scuole, in cerca di un lavoro o di studiare e ricercare, non avvertono più di militare in un partito per esprimersi e fare valere desideri e diritti?
D’altro canto se non c’è la sede politica tutto si esaurisce nella protesta o nella rassegnazione. È la politica che dobbiamo cambiare, sono i partiti che debbono diventare partiti, sono le sedi istituzionali, a cominciare dal Parlamento, che debbono essere quel che la Costituzione prescrive.
Questo cambiamento, però, dovrebbe essere in mano ai giovani, non per guerriglie generazionali, ma per modificare i connotati che oggi la politica, e i partiti che debbono esprimerla, hanno. Se c’è un presidente del Consiglio, capo e padrone di un partito, che fa battute su «Forza gnocca», c’è qualcosa di guasto nel profondo a cui rimediare subito. È così o no, on. Lupi?
da "Il Riformista": I giovani separati dalla politica.
mercoledì 28 settembre 2011
Maroni ci perde la faccia (di Marcello del Bosco)
(da Il Riformista : http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/409539/)
Inutile cercare sulla Padania una sola riga sul voto di oggi alla Camera sulla mozione di sfiducia per il ministro delle politiche agricole Saverio Romano, sospettato di collusione con ambienti mafiosi. E si capisce bene perché. L’imbarazzo in casa Lega è alle stelle: avendo già proclamato Bossi che i lumbard salveranno il ministro risulta lampante che, pur di coprire Berlusconi, la Lega è pronta ad ingoiare un rospo gigantesco e a sottoporsi al più classico dei voti di scambio. Con tanti saluti agli umori della base, alle solenni promesse di fare “piazza pulita” dei trafficoni, e agli ardori di innovativa trasparenza dei cosiddetti maroniani, categoria che più che allo spirito sembra aspirare al materiale.
E certo per il ministro dell’Interno si prospetta una giornataccia. Non si tratta di votare sull’arresto di un parlamentare (e quindi rifugiarsi nella propria coscienza) bensì di esprimersi sulla opportunità politica che resti al posto dove è stato innalzato dal premier in cambio dei voti scilipotiani un ministro per cui il Gip ha sostanzialmente chiesto il rinvio a giudizio, su cui addensano fosche nubi (ultima, l’ammissione del braccio destro di Ciancimino di aver elargito 50 mila euro a Romano) e sulla cui nomina il capo dello Stato aveva espresso inequivocabili riserve. E meno male che proprio ieri Maroni ci ha fatto sapere che l’FBI copia i nostri metodi antimafia…
Con quali argomenti Bossi motiverà il voto della Lega dinanzi ai propri elettori non è dato sapere. Le corna, il dito medio, il gesto dell’ombrello o le pernacchie? Ma alle capriole del senatur ormai non bada nessuno. Più difficile per Maroni salvare la faccia ed evitare che il popolo padano adotti un altro motto romano. Quello che recita: “il più pulito ha la rogna…”
Inutile cercare sulla Padania una sola riga sul voto di oggi alla Camera sulla mozione di sfiducia per il ministro delle politiche agricole Saverio Romano, sospettato di collusione con ambienti mafiosi. E si capisce bene perché. L’imbarazzo in casa Lega è alle stelle: avendo già proclamato Bossi che i lumbard salveranno il ministro risulta lampante che, pur di coprire Berlusconi, la Lega è pronta ad ingoiare un rospo gigantesco e a sottoporsi al più classico dei voti di scambio. Con tanti saluti agli umori della base, alle solenni promesse di fare “piazza pulita” dei trafficoni, e agli ardori di innovativa trasparenza dei cosiddetti maroniani, categoria che più che allo spirito sembra aspirare al materiale.
E certo per il ministro dell’Interno si prospetta una giornataccia. Non si tratta di votare sull’arresto di un parlamentare (e quindi rifugiarsi nella propria coscienza) bensì di esprimersi sulla opportunità politica che resti al posto dove è stato innalzato dal premier in cambio dei voti scilipotiani un ministro per cui il Gip ha sostanzialmente chiesto il rinvio a giudizio, su cui addensano fosche nubi (ultima, l’ammissione del braccio destro di Ciancimino di aver elargito 50 mila euro a Romano) e sulla cui nomina il capo dello Stato aveva espresso inequivocabili riserve. E meno male che proprio ieri Maroni ci ha fatto sapere che l’FBI copia i nostri metodi antimafia…
Con quali argomenti Bossi motiverà il voto della Lega dinanzi ai propri elettori non è dato sapere. Le corna, il dito medio, il gesto dell’ombrello o le pernacchie? Ma alle capriole del senatur ormai non bada nessuno. Più difficile per Maroni salvare la faccia ed evitare che il popolo padano adotti un altro motto romano. Quello che recita: “il più pulito ha la rogna…”
mercoledì 21 settembre 2011
Varese ha ancora bisogno dei socialisti!
Vi riproponiamo il dibattito sui socialisti tra Marco Giovannelli (direttore di Varesenews) e Giuseppe Nigro (Segretario del PSI provinciale di Varese):
Giovannelli 1
De Biase
Giovannelli 2
Nigro
Giovannelli 1
De Biase
Giovannelli 2
Nigro
lunedì 4 luglio 2011
Le PMI di Varese e il fallimento della politica leghista
A metà anni Ottanta a dialogare con la PMI impresa in provincia di Varese erano i socialisti. Il progetto Varese 2000 aveva fra i suoi estensori il prof. Francesco Forte, erano anni di crescita di quel mondo produttivo molecolare che rivendicava ruolo rispetto alla grande azienda, al tempo, in piena crisi.
I vent'anni intercorsi dal crollo della prima Repubblica che hanno visto piccoli imprenditori e artigiani varesini riconoscere nella Lega Nord il partito di riferimento sembrano al termine. Il recente convegno di CONFAPI Varese, tenutosi a Villa Ponti, il 24 giugno 2011 è stato piuttosto schizofrenico. Il convegno si è caratterizzato per un format che avrebbe dovuto tributare il trionfo della classe dirigente leghista, non a caso il titolo dell'iniziativa recitava: "Le piccole e medie imprese tra federalismo e legalità", temi su cui il ministro Maroni ha costruito le sue fortune. In realtà nonostante i toni garbati evidenti erano le critiche presenti nella relazione introduttiva del presidente Franco Colombo.
"Un governo ha dichiarato nel suo intervento Colombo - che permette il mantenimento del reato penale per Iva non versata superiore ai 50.000 euro vuol dire che non ha capito il messaggio del mondo produttivo che chiede di pagare l'Iva per cassa e non per competenza..". Ulteriori critiche riguardano i costi della burocrazia, l'incertezza della giustizia civile, le mancate liberalizzazioni ha continuato Colombo.
"L'interesse pubblico - ha proseguito Colombo - non è evitare che partano aerei dall'Italia verso Shangai da Malpensa … ma impedire che bastimenti pieni di prodotti non a norma provenienti dall'estero invadano i nostri mercati e distruggano le nostre aziende".
I presenti hanno ovviamente tributato applausi ai politici della Lega, ma si può dire che, ormai, alle favole raccontate per vent'anni incominci a non credere più neppure lo zoccolo duro della base sociale del movimento leghista. Ciò non vuol dire che i piccoli imprenditori siano, oggi, disponibili a riprender dialoghi interrotti.
Essi ad esempio poco affrontano le differenze che esistono fra aziende che esportano e quelle rivolte esclusivamente al mercato interno. È noto, infatti, che le PMI che non guardano oltre confine sono penalizzate a causa dei minori consumi interni. Autorevoli studiosi come Giulio Sapelli sostengono inoltre che esistono “troppe imprese inutili che sarebbe più saggio e utile al sistema Paese, far fallire per lasciare spazio ad aziende più innovative e capaci di stare sul mercato".
L'affermazione è provocatoria, ma senza voler sposare tesi tanto ardite si può senz'altro affermare che il nanismo industriale che in provincia di Varese è stato un modo per narcotizzare il conflitto e indebolire la capacità di contrattazione dei lavoratori dipendenti, non serve allo sviluppo e alla crescita da più parti invocata. Di PMI, continua ad occuparsi pure Francesco Forte che individua nella scarsa attenzione delle banche e nel regime fiscale “dispersivo, non mirato alla produttività", in una tassazione eccessivamente elevata, in fattori di costo come l'Irap”, una rigidità del mercato del lavoro eccessivi, i fattori del ritardo della ripresa.
Al di là dei climi celebrativi, che pure ci sono ancora stati nel convegno Confapi di Varese, la Lega come sindacato del territorio, dopo vent'anni, presenta un bilancio fallimentare. Forse, i piccoli e medi imprenditori non sono ancora pronti per riprendere un dialogo interrotto vent'anni fa, ma la cultura del socialismo in Lombardia e a Varese deve essere pronta per un appuntamento che forse non è lontano.
Giuseppe Nigro
Segretario Federazione PSI Varese
martedì 21 giugno 2011
L’imbroglio di Pontida (di Emanuele Macaluso)
(da Il Riformista http://ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/399868/)
La situazione politica italiana diventa sempre più incomprensibile e senza una prospettiva. A Pontida abbiamo assistito a uno spettacolo avvilente e inconcludente con i giornali che si dedicano a interpretare le frasi smozzicate di Bossi il quale ha provocato un rumore assordante per dire quel che Feltri sintetizza in tre parole nel grande titolo del Giornale: «Bossi non tradisce». Infatti c’è un capo, un padrone e chi dubita e si stacca dalla coalizione “tradisce”.
Fini che non accettava più il partito padronale è indicato come “traditore”. Le posizioni politiche non contano: occorre sapere se tradisci o no il Cavaliere. Ma non basta radunare alcune migliaia di persone “fedeli al piccolo capo” per dare una risposta alla crisi politica della Lega. Bossi e i suoi colonnelli non hanno capito che gli elettori che non hanno più votato il Carroccio non sono quelli di Pontida, ma una fascia larga di ceto medio, di professionisti stufi delle parole senza senso che hanno risentito domenica. Sono questi elettori che oggi si chiederanno: e ora? Siamo punto e daccapo. C’è una maggioranza raccogliticcia in cui il ricatto è “regola” accettata, un governo che non governa nulla, mentre la situazione economica e sociale appare ingovernabile.
In quale paese è possibile vedere il ministro degli interni che prende la parola a Pontida, accanto a Bossi che chiama “capo”, per contrapporsi all’Europa, considerata “nemica”, alla Nato che non fa il “blocco navale” in Libia, e, infine, grida: “viva la Padania indipendente”. E con questa base politica si autocandida alla Presidenza del Consiglio.
Abbiamo visto Ministri in camicia verde che promettono ministeri a Milano e Monza (Caldoro ne vuole uno a Napoli!), evasione di multe ai produttori di latte, riduzione di imposte e altre cose, chiedendo tutto all’”amico Giulio”. Il quale, però, nelle stese ore, tenendo conto degli ammonimenti delle agenzie di rating e della UE, va alla riunione dell’Eurogruppo in Lussemburgo, annunciando che la manovra di 40 miliardi di euro deve essere anticipata a questa estate.
Con quale governo e con quale maggioranza Tremonti vuole mettere in atto un’operazione che, a suo dire, è inevitabile per evitare, scusate il bisticcio, che il nostro paese faccia la fine della Grecia? In questo quadro scuro l’on. Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, dice che dopo Pontida “vede una schiarita e va avanti”.
La situazione politica italiana diventa sempre più incomprensibile e senza una prospettiva. A Pontida abbiamo assistito a uno spettacolo avvilente e inconcludente con i giornali che si dedicano a interpretare le frasi smozzicate di Bossi il quale ha provocato un rumore assordante per dire quel che Feltri sintetizza in tre parole nel grande titolo del Giornale: «Bossi non tradisce». Infatti c’è un capo, un padrone e chi dubita e si stacca dalla coalizione “tradisce”.
Fini che non accettava più il partito padronale è indicato come “traditore”. Le posizioni politiche non contano: occorre sapere se tradisci o no il Cavaliere. Ma non basta radunare alcune migliaia di persone “fedeli al piccolo capo” per dare una risposta alla crisi politica della Lega. Bossi e i suoi colonnelli non hanno capito che gli elettori che non hanno più votato il Carroccio non sono quelli di Pontida, ma una fascia larga di ceto medio, di professionisti stufi delle parole senza senso che hanno risentito domenica. Sono questi elettori che oggi si chiederanno: e ora? Siamo punto e daccapo. C’è una maggioranza raccogliticcia in cui il ricatto è “regola” accettata, un governo che non governa nulla, mentre la situazione economica e sociale appare ingovernabile.
In quale paese è possibile vedere il ministro degli interni che prende la parola a Pontida, accanto a Bossi che chiama “capo”, per contrapporsi all’Europa, considerata “nemica”, alla Nato che non fa il “blocco navale” in Libia, e, infine, grida: “viva la Padania indipendente”. E con questa base politica si autocandida alla Presidenza del Consiglio.
Abbiamo visto Ministri in camicia verde che promettono ministeri a Milano e Monza (Caldoro ne vuole uno a Napoli!), evasione di multe ai produttori di latte, riduzione di imposte e altre cose, chiedendo tutto all’”amico Giulio”. Il quale, però, nelle stese ore, tenendo conto degli ammonimenti delle agenzie di rating e della UE, va alla riunione dell’Eurogruppo in Lussemburgo, annunciando che la manovra di 40 miliardi di euro deve essere anticipata a questa estate.
Con quale governo e con quale maggioranza Tremonti vuole mettere in atto un’operazione che, a suo dire, è inevitabile per evitare, scusate il bisticcio, che il nostro paese faccia la fine della Grecia? In questo quadro scuro l’on. Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio, dice che dopo Pontida “vede una schiarita e va avanti”.
Avanti dove? È il paese che va a sbattere.
venerdì 10 giugno 2011
I socialisti all'europride!
“Non c’è motivo per condannare la libera scelta sui diversi orientamenti sessuali e le diverse forme di famiglia, ma ci sono tantissimi buoni motivi per difenderla”.
A dirlo è il segretario nazionale del Psi, Riccardo Nencini, che annuncia la partecipazione di una delegazione della segreteria nazionale al corteo organizzato da EuroPride l’11 giugno- che partirà alle 14 da Piazza dei Cinquecento e si snoderà lungo il centro di Roma per arrivare attorno alle 20 a Circo Massimo- e invita militanti e simpatizzanti del Psi a mobilitarsi per prenderne parte. Alla manifestazione parteciperà anche una delegazione della FGS con il suo segretario nazionale, Luigi Iorio.
“Sosteniamo convintamente la causa della comunità LGBT – continua il leader socialista- perchè non sia più oggetto di pregiudizi, discriminazioni o atteggiamenti omofobici e per difendere e riaffermare i principi di libertà e diritto a vivere liberamente il proprio orientamento sessuale e di genere, da sempre parte integrante dei valori e delle idee dei socialisti italiani ed europei.
A dirlo è il segretario nazionale del Psi, Riccardo Nencini, che annuncia la partecipazione di una delegazione della segreteria nazionale al corteo organizzato da EuroPride l’11 giugno- che partirà alle 14 da Piazza dei Cinquecento e si snoderà lungo il centro di Roma per arrivare attorno alle 20 a Circo Massimo- e invita militanti e simpatizzanti del Psi a mobilitarsi per prenderne parte. Alla manifestazione parteciperà anche una delegazione della FGS con il suo segretario nazionale, Luigi Iorio.
“Sosteniamo convintamente la causa della comunità LGBT – continua il leader socialista- perchè non sia più oggetto di pregiudizi, discriminazioni o atteggiamenti omofobici e per difendere e riaffermare i principi di libertà e diritto a vivere liberamente il proprio orientamento sessuale e di genere, da sempre parte integrante dei valori e delle idee dei socialisti italiani ed europei.
lunedì 6 giugno 2011
I socialisti varesini contro la terza pista a Malpensa
Riesplode il dibattito sulla terza pista di Malpensa dopo la presa di posizione contraria di AssAereo, l'associazione dei vettori legata alla Confindustria.
La questione dell'aeroporto di Malpensa ha da sempre visto la classe politica della provincia di Varese in posizione subordinata a quella milanese. La classe dirigente leghista aveva già dimostrato la sua subalternità a Berlusconi al tempo del ritiro di Alitalia da Malpensa. Non uno dell'inner circle di Bossi si è premurato di tutelare l'economia locale.
Che dire dunque? In Lombardia il quadro politico del potere locale va modificandosi. La vittoria di Giuliano Pisapia a Milano sicuramente apre nuovi orizzonti e una gestione più oculata delle risorse pubbliche. La vittoria del centrosinistra guidato da Edoardo Guenzani a Gallarate consente di rivedere antichi e abusati rapporti fra la metropoli lombarda e le città vicine.
Noi socialisti siamo convinti della necessità di interrompere le politiche pubbliche che hanno deturpato e consumato in modo scriteriato il territorio della provincia di Varese. Una terza pista non serve, né all'aeroporto, né allo sviluppo del territorio. Farebbe soltanto la felicità di grandi imprese costruttrici, della speculazione. Serve invece un piano per la gestione funzionale degli aeroporti della Lombardia; più che farsi concorrenza essi dovrebbero specializzare le rispettive funzioni al servizio della regione e dell'intero Nord Italia. Per realizzare un simile piano occorrono opere infrastrutturali di collegamento, ancora oggi, poco sviluppate.
Riteniamo fin d'ora che enti locali e provincia si debbano mobilitare per tutelare il territorio. Alcuni giorni fa, all'assemblea annuale dell'Univa, l'industriale Cuccinelli, in un moto di compiacenza cercava di stabilire analogie fra il territorio varesino e quello umbro, dove opera la sua azienda. Nessun ha osato rispondergli che la provincia di Varese non può più permettersi di utilizzare neppure un centimetro del suo territorio a fini speculativi, pena la distruzione definitiva dei tratti morfologici di un ambiente già oggi seriamente compromesso.
La questione dell'aeroporto di Malpensa ha da sempre visto la classe politica della provincia di Varese in posizione subordinata a quella milanese. La classe dirigente leghista aveva già dimostrato la sua subalternità a Berlusconi al tempo del ritiro di Alitalia da Malpensa. Non uno dell'inner circle di Bossi si è premurato di tutelare l'economia locale.
Che dire dunque? In Lombardia il quadro politico del potere locale va modificandosi. La vittoria di Giuliano Pisapia a Milano sicuramente apre nuovi orizzonti e una gestione più oculata delle risorse pubbliche. La vittoria del centrosinistra guidato da Edoardo Guenzani a Gallarate consente di rivedere antichi e abusati rapporti fra la metropoli lombarda e le città vicine.
Noi socialisti siamo convinti della necessità di interrompere le politiche pubbliche che hanno deturpato e consumato in modo scriteriato il territorio della provincia di Varese. Una terza pista non serve, né all'aeroporto, né allo sviluppo del territorio. Farebbe soltanto la felicità di grandi imprese costruttrici, della speculazione. Serve invece un piano per la gestione funzionale degli aeroporti della Lombardia; più che farsi concorrenza essi dovrebbero specializzare le rispettive funzioni al servizio della regione e dell'intero Nord Italia. Per realizzare un simile piano occorrono opere infrastrutturali di collegamento, ancora oggi, poco sviluppate.
Riteniamo fin d'ora che enti locali e provincia si debbano mobilitare per tutelare il territorio. Alcuni giorni fa, all'assemblea annuale dell'Univa, l'industriale Cuccinelli, in un moto di compiacenza cercava di stabilire analogie fra il territorio varesino e quello umbro, dove opera la sua azienda. Nessun ha osato rispondergli che la provincia di Varese non può più permettersi di utilizzare neppure un centimetro del suo territorio a fini speculativi, pena la distruzione definitiva dei tratti morfologici di un ambiente già oggi seriamente compromesso.
venerdì 27 maggio 2011
GRAVI EPISODI DI INTIMIDAZIONE CONTRO IL SEGRETARIO NAZIONALE DELLA FGS
A Foggia, città in cui vive e svolge la sua attività professionale, il segretario nazionale della FGS Luigi Iorio è stato vittima la scorsa notte di gravi indimidazioni con minacce di morte a causa della sua annunciata partecipazione alla presentazione del libro dell'intellettuale di destra Domenico Di Tullio "Nessun dolore", in programma oggi nel capoluogo di Capitanata.
Dalla tarda serata di ieri e per gran parte della notte, Iorio è stato raggiunto da numerose telefonate anonime e chiamate al citofono della sua abitazione nelle quali gli è stato minacciosamente intimato di non partecipare all'evento.
Inoltre questa mattina, sul portone d'ingresso ai locali della federazione del Psi di Foggia è apparsa la scritta "Iorio fascista!" con tanto di falce e martello.
Gli episodi sono stati denunciati al comando dei Carabinieri di Foggia e oggi Iorio, che ha confermato la propria partecipazione all'evento in programma, si recherà all'appuntamento scortato dalle forze dell'ordine.
Il segretario nazionale del Psi Riccardo Nencini, informato dell'accaduto ha espresso a Iorio "la fraterna solidarietà dei socialisti e la ferma condanna di simili episodi gravi e inqualificabili che denunciano il rinascere di un preoccupante e inaccettabile clima di intolleranza".
Il segretario della federazione foggiana del Psi Antonio Piarullo, in un comunicato, ha espresso a Iorio la solidarietà dei socialisti foggiani. "Quello che è accaduto stanotte - ha osservato Piarullo - riporta la nostra memoria all'infame clima degli anni di piombo”.
Laconico il commento di Iorio: "E' tanto surreale quanto grave che oggi pomeriggio per presentare un libro debba andare scortato dalle forze dell' ordine"
Inoltre questa mattina, sul portone d'ingresso ai locali della federazione del Psi di Foggia è apparsa la scritta "Iorio fascista!" con tanto di falce e martello.
Gli episodi sono stati denunciati al comando dei Carabinieri di Foggia e oggi Iorio, che ha confermato la propria partecipazione all'evento in programma, si recherà all'appuntamento scortato dalle forze dell'ordine.
Il segretario nazionale del Psi Riccardo Nencini, informato dell'accaduto ha espresso a Iorio "la fraterna solidarietà dei socialisti e la ferma condanna di simili episodi gravi e inqualificabili che denunciano il rinascere di un preoccupante e inaccettabile clima di intolleranza".
Il segretario della federazione foggiana del Psi Antonio Piarullo, in un comunicato, ha espresso a Iorio la solidarietà dei socialisti foggiani. "Quello che è accaduto stanotte - ha osservato Piarullo - riporta la nostra memoria all'infame clima degli anni di piombo”.
Laconico il commento di Iorio: "E' tanto surreale quanto grave che oggi pomeriggio per presentare un libro debba andare scortato dalle forze dell' ordine"
martedì 17 maggio 2011
Il Varesotto non è leghista.
La Lega è un partito populista, incoerente, clientelare e violento.
Lo andiamo dicendo da anni, e sembra che gli elettori se ne siano accorti.
Lo andiamo dicendo da anni, e sembra che gli elettori se ne siano accorti.
Si sono accorti che (a meno che non ti chiami “Renzo la Trota Bossi”) difficilmente la “Lega delle Poltrone per l’indipendenza della Terra di Mezzo” abbia qualche attenzione nel difendere e promuovere i diritti e gli interessi dei cittadini.
Abbiamo notato l’inversione di tendenza questa mattina, spulciando i dati delle elezioni amministrative.
A Gallarate la Lega passa dal 26% del 2010 al 21% del 2011.
A Varese perde 3 punti percentuali, e il suo candidato dovrà andare al ballottaggio.
A Busto Arsizio dal 29,5% delle scorse regionali la Lega precipita al 22,9%.
A Castellanza i verdani perdono altri 2 punti (dove il candidato PDL vince le elezioni).
A Malnate la botta più forte: dal 28% registrato nel 2010 al 17,5% di ieri, il “clan” perde circa 800 voti.
Anche in tanti piccoli comuni la Lega viene bocciata, per esempio a Caronno Pertusella ed a Cislago, che ha rinnovato la fiducia al sindaco uscente, il socialista Luciano Biscella.
I leghisti perdono anche Albizzate e Vergiate.
Non sarà un collasso, vinceranno alcuni ballottaggi (a Gallarate non hanno ottenuto neanche quello), ma è sicuramente una battuta d’arresto fortemente simbolica, nel “feudo” varesotto.
Coordinamento Provinciale Giovani Socialisti - Federazione di Varese
venerdì 13 maggio 2011
I SOCIALISTI DETERMINANTI PER LA VITTORIA DEL CENTROSINISTRA
“Saremo presenti in tutta Italia con liste e candidati socialisti.
Votare per i socialisti significa sostenere la battaglia di un partito che rappresenta l'unica forza della sinistra coerentemente ancorata alla storia del riformismo italiano, socialista e liberale e che sarà determinante per la vittoria del centrosinistra in molti comuni, soprattutto al sud”.
Lo dichiara Riccardo Nencini, segretario nazionale del PSI, in questi giorni impegnato in un tour elettorale in tutta Italia in vista del voto amministrativo di domenica prossima.
“Anche il candidato sindaco a Milano Giuliano Pisapia – conclude Nencini – si è accorto che senza riformismo socialista si perde, ricordando la lunga stagione del buongoverno dei sindaci socialisti come l'unica esperienza a cui ispirarsi per battere il centrodestra”.
Votare per i socialisti significa sostenere la battaglia di un partito che rappresenta l'unica forza della sinistra coerentemente ancorata alla storia del riformismo italiano, socialista e liberale e che sarà determinante per la vittoria del centrosinistra in molti comuni, soprattutto al sud”.
Lo dichiara Riccardo Nencini, segretario nazionale del PSI, in questi giorni impegnato in un tour elettorale in tutta Italia in vista del voto amministrativo di domenica prossima.
“Anche il candidato sindaco a Milano Giuliano Pisapia – conclude Nencini – si è accorto che senza riformismo socialista si perde, ricordando la lunga stagione del buongoverno dei sindaci socialisti come l'unica esperienza a cui ispirarsi per battere il centrodestra”.
martedì 10 maggio 2011
Elezioni a Gallarate
dal blog del PSI di Gallarate
Siamo contro la Lega anche quando candida una signora gentile. I leghisti si sono resi conto che l'elettorato di Gallarate è stufo delle prepotenze e della sfacciataggine della destra. Tentano di prendere le distanze da una destra facendo una battaglia politica sul tema dell'onestà. Come dire che l'amministrazione uscente ha qualche scheletro nell'armadio. È lo stesso segretario federale della Lega a parlare di “mala gestione” della destra.
Però non basta candidare un personaggio che si definisce “onesto” per smarcarsi da alleati imbarazzanti. La Lega è il miglior alleato di Berlusconi e chiunque andrà al governo della città deve sapere che il federalismo tanto auspicato da questo partito sarà motivo di ulteriori diseguaglianze.
Entriamo nel merito delle questioni: la lega localmente alimenta la paura, come se fossimo assaliti da un'orda di stranieri, centralmente con il suo ministro taglia le spese alla Polizia di Stato.
Qualcuno si ricorderà delle proteste degli agenti ad Arcore. La Lega denuncia la gestione del territorio e in questi ultimi quindici anni ha urbanizzato ogni angolo della brughiera.
Denuncia gli abusi inerenti le spese dell'amministrazione uscente senza ricordare agli elettori dov'era. Infine una domanda diretta al candidato sindaco della lega. Ma perché ci fa pagare ancora il canone TV, visto la pessima qualità dei programmi e l'uso strumentale delle informazioni cui siamo costretti ad assistere. Ai cittadini chiediamo di votare gli esponenti socialisti veri, quelli che hanno il coraggio di rimanere sotto i propri simboli, non di cercare fortune personali.
Appello agli elettori della Provincia di Varese
Il prossimo fine settimana si voterà a Varese, in centri importanti come Busto Arsizio e Gallarate, e almeno in altri trenta comuni della provincia.
Siamo di fronte ad un confronto elettorale importante, per l'ampiezza dell'elettorato e per il momento in cui cade la competizione. Nel 2009 i risultati per il centrosinistra in provincia furono sciagurati, temperati soltanto dal risultato di Saronno. In quella circostanza, i socialisti tentarono di costruire alleanze riformiste con il PD. Non sempre ci riuscimmo e le sconfitte di Sesto Calende e Uboldo, di Laveno sono ancora lì a testimoniare l'assurdità di certe miopie politiche.
Per mettere in crisi le maggioranze di centrodestra, a livello centrale e locale, è necessario costruire coalizioni coese, programmaticamente coerenti, con obiettivi chiari. Non bastano gli ideologismi contro la destra. Invertire la tendenza che ha fatto rifluire, da tempo parte dell'elettorato della sinistra riformista e socialista, che non condivide il massimalismo inconcludente e il giustizialismo, è possibile. Questa è la condizione indispensabile per il centrosinistra in Lombardia e in Italia per ritornare ad essere competitivi, insieme a battaglie per una maggiore giustizia sociale e per la tutela dei nuovi diritti come il testamento biologico.
Per i socialisti gli enti locali assolvono ad un ruolo politico straordinario da sempre, ancor di più dopo la riforma costituzionale del titolo V che ne fa uno dei soggetti fondanti, a pari titolo con provincia, regione e stato, della Repubblica. Proprio in terra varesina, in terra lombarda, vogliamo ribadire che il "federalismo buono per l'Italia è quello utile a tutti gli italiani". Per questo il nostro slogan è “L’Italia in comune”. Nel senso che non rinunciamo ad un paese unitario e solidale. Sono discriminanti politiche da cui non intendiamo recedere.
Il voto di sabato 14 e domenica 15 deve fare giustizia della politica falsamente federalista e parolaia della Lega. Chi vincerà si troverà ad amministrare in condizioni impossibili. Sarà difficile garantire i servizi ai cittadini, perché i trasferimenti sono stati tagliati drasticamente da Tremonti e dalla Lega. La riduzione dei trasferimenti non sarà compensata dal federalismo fiscale che, anzi, rischia di portare nuove restrizioni ai cittadini.
Noi socialisti siamo per un riequilibrio dei poteri fra esecutivo e consiglio comunale. Lo sbilanciamento dei poteri fra assemblee elettive, sindaco e giunta, di fatto riduce la possibilità del controllo democratico. Siamo perché i sindaci eletti garantiscano giustizia sociale a favore delle fasce deboli della popolazione, indipendentemente dal colore della pelle. Soltanto una maggiore coesione sociale può garantire la sicurezza tanto invocata nella nostra provincia.
I nostri candidati sono presenti in molte località della provincia, con il nostro simbolo a Gallarate, insieme ai Repubblicani, in liste civiche che si ispirano ai valori riformisti, laici e socialisti nelle altre località (da Cislago a Castellanza) della provincia.
Nel capoluogo, a Varese, invitiamo i nostri elettori a votare per il candidato sindaco del centrosinistra Luisa Oprandi, nella sua lista sono presenti candidati vicini al partito socialista che si riconoscono nel socialismo tricolore.
Noi siamo convinti - come dice il presidente Napolitano - della necessità di una forza autenticamente socialdemocratica in Italia. I vent'anni trascorsi dimostrano che senza la cultura socialista, riformista e democratica la crisi non si risolve. Votare i candidati socialisti vuol dire tenere aperta una strada per il cambiamento del paese.
Giuseppe Nigro
Segretario Provinciale Federazione PSI Varese
venerdì 6 maggio 2011
UN'EPINAY ITALIANA
Come si fa – prendendo in prestito le parole di Antonio Giolitti - a costruire in Italia una sinistra “credibile, affidabile e praticabile”?
Io aggiungerei: a chi dar retta, a Veltroni o a Napolitano?
Il primo ripropone dopo il test elettorale di Milano e Napoli la riapertura del confronto interno al Pd, ovvero la messa in discussione del segretario attuale, per ripercorrere la strada fallimentare dell’autosufficienza del Pd, negando l’alleanza elettorale con i riformisti, ma accettando il cappio estremista di Di Pietro.
Il Presidente della Repubblica suggerisce invece un’analisi impietosa degli ultimi quindici anni, che non si limiti al solo Pd, ma a tutti i partiti dell’opposizione che si richiamano alla sinistra.
Inneggiare però all’intervento di Napolitano senza mettere mano a ‘questa’ sinistra sarebbe un comportamento da sciocchi.
La risposta la devono dare per primi i partiti della sinistra riformista, Pd e socialisti, con la mossa del cavallo, da fare subito dopo queste amministrative.
Evitiamo di ricadere nelle polemiche autoreferenziali e passiamo direttamente a dare vita ad un movimento nuovo di zecca che si richiami al socialismo liberale; un “partito per l’Italia” legato al Pse e che si batta per allargare l’Internazionale socialista all’area democratica, dialogando con Obama, ma anche con i leader laici che possono emergere dalla stagione di rivolgimenti che sta interessando alcuni Paesi africani.
Noi siamo pronti a una costituente che riprenda la strada interrotta nel 2005, quella della coalizione riformista, a partire da Pd e socialisti.
Quella coalizione segnò una duplice vittoria, nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005 vinse perché era “credibile, affidabile e praticabile”; e furono le ultime vittorie.
Ci serve un’Epinay italiana.
Io aggiungerei: a chi dar retta, a Veltroni o a Napolitano?
Il primo ripropone dopo il test elettorale di Milano e Napoli la riapertura del confronto interno al Pd, ovvero la messa in discussione del segretario attuale, per ripercorrere la strada fallimentare dell’autosufficienza del Pd, negando l’alleanza elettorale con i riformisti, ma accettando il cappio estremista di Di Pietro.
Il Presidente della Repubblica suggerisce invece un’analisi impietosa degli ultimi quindici anni, che non si limiti al solo Pd, ma a tutti i partiti dell’opposizione che si richiamano alla sinistra.
Inneggiare però all’intervento di Napolitano senza mettere mano a ‘questa’ sinistra sarebbe un comportamento da sciocchi.
La risposta la devono dare per primi i partiti della sinistra riformista, Pd e socialisti, con la mossa del cavallo, da fare subito dopo queste amministrative.
Evitiamo di ricadere nelle polemiche autoreferenziali e passiamo direttamente a dare vita ad un movimento nuovo di zecca che si richiami al socialismo liberale; un “partito per l’Italia” legato al Pse e che si batta per allargare l’Internazionale socialista all’area democratica, dialogando con Obama, ma anche con i leader laici che possono emergere dalla stagione di rivolgimenti che sta interessando alcuni Paesi africani.
Noi siamo pronti a una costituente che riprenda la strada interrotta nel 2005, quella della coalizione riformista, a partire da Pd e socialisti.
Quella coalizione segnò una duplice vittoria, nelle europee del 2004 e nelle regionali del 2005 vinse perché era “credibile, affidabile e praticabile”; e furono le ultime vittorie.
Ci serve un’Epinay italiana.
lunedì 2 maggio 2011
La sinistra imbecille
da "Qualcosa di riformista", magazine on-line che vi consigliamo fortemente.
www.qdrmagazine.it
www.qdrmagazine.it
Tutta la strategia politica del centrosinistra italiano si basa, da diciassette anni, su un fondamento antropologico da cui deriva un irremovibile postulato morale: noi (la sinistra) siamo i buoni; loro (la destra) sono i cattivi.
Da una parte (a destra) chi ruba, dall'altra (a sinistra) chi non ruba - chi non paga le tasse e chi le paga, chi vede la televisione e chi va a teatro.
Una diversità antropologica che produce, come logica conseguenza, la superiorità morale dei buoni (la sinistra) sui cattivi (la destra).
Una scemenza. In senso etimologico. Tutta la strategia politica del centrosinistra italiano si basa, da diciassette anni, su una scemenza. E questo, forse, qualcosa spiega. Perché ci sono ladri che votano a destra e ladri che votano a sinistra; evasori di destra ed evasori di sinistra; stupratori di destra e stupratori di sinistra. Gente di destra che gode di in un affitto a canone agevolato da parte di una struttura pubblica (quindi, di tutti) e gente di sinistra che gode di un affitto a canone agevolato da parte di una struttura pubblica (quindi, di tutti). Pur potendosi permettere tranquillamente di vivere altrove. È accaduto ieri, accade oggi, accadrà purtroppo domani. Soprattutto se continueremo a permettere che i beni pubblici (quelli di tutti) continuino ad essere gestiti come beni privati.
Non c'è morale in questa storia. Anzi, c'è. Ma riguarda le coscienze individuali dei singoli. C'è qui, ben riparata, la tana di un demente e odioso pregiudizio che, nato con la diversità morale di Berlinguer, è la tara dell'inadeguatezza politica di diciassette anni di centrosinistra italiano. La balbuzie di una narrazione politica - quella dell'Italia diversa, dell'Italia migliore - che non sa dare a se stessa e al popolo italiano una reale rappresentazione di questa nostra nazione. E si diletta a rappresentarsela in maniera posticcia pur di cercare conferme alle proprie superstizioni. Mancando di dare il proprio contributo a migliorare l'Italia che c'è: l'Italia di tutti. E per questo perde. Non solo le elezioni. E perderà sempre. Almeno finché non la smetterà di essere così dannatamente imbecille.
Antonio Funiciello
Il riformismo in questo Primo Maggio
Da "IL Riformista", Di Emanuele Macaluso
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/390178/
Scrivo il mio primo editoriale da direttore del Riformista il primo maggio, una data che dà un senso anche alla nostra testata. E lo dà non solo se penso a un passato, in cui anch’io sono stato coinvolto negli anni in cui ho diretto la Cgil in Sicilia, ma pensando al difficile domani delle nuove generazioni. E ho pensato molto anche al primo maggio del 1982 quando dedicai l’editoriale sull’Unità a Pio La Torre ucciso il 30 aprile. Oggi, la parola riformismo è deprezzata, svalutata: tutti si definiscono riformisti, pure a destra, e ogni legge o leggina sfornata dal Parlamento viene indicata come “riforma”. Anche chi vuole stravolgere la Costituzione e il ruolo che essa assegna al lavoro nella società, parla di “riforme. Nel centrosinistra manca una forza con una identità tale da ricordare la storia di quel riformismo che richiama il socialismo democratico italiano ed europeo, le sue conquiste sociali, politiche e civili. Una forza che richiami anche le grandi innovazioni politico-culturali che in Europa hanno compiuto quei partiti, segnati da sconfitte e da vittorie, i quali, però, sono sempre la sola forza alternativa alla destra e alla conservazione. Il “Riformista” non ha partiti potentati di riferimento, ma sappiamo che la democrazia italiana può superare le sue difficoltà solo se sarà sostenuta da grandi partiti alternativi, al governo o all’opposizione.
http://www.ilriformista.it/stories/Prima%20pagina/390178/
Scrivo il mio primo editoriale da direttore del Riformista il primo maggio, una data che dà un senso anche alla nostra testata. E lo dà non solo se penso a un passato, in cui anch’io sono stato coinvolto negli anni in cui ho diretto la Cgil in Sicilia, ma pensando al difficile domani delle nuove generazioni. E ho pensato molto anche al primo maggio del 1982 quando dedicai l’editoriale sull’Unità a Pio La Torre ucciso il 30 aprile. Oggi, la parola riformismo è deprezzata, svalutata: tutti si definiscono riformisti, pure a destra, e ogni legge o leggina sfornata dal Parlamento viene indicata come “riforma”. Anche chi vuole stravolgere la Costituzione e il ruolo che essa assegna al lavoro nella società, parla di “riforme. Nel centrosinistra manca una forza con una identità tale da ricordare la storia di quel riformismo che richiama il socialismo democratico italiano ed europeo, le sue conquiste sociali, politiche e civili. Una forza che richiami anche le grandi innovazioni politico-culturali che in Europa hanno compiuto quei partiti, segnati da sconfitte e da vittorie, i quali, però, sono sempre la sola forza alternativa alla destra e alla conservazione. Il “Riformista” non ha partiti potentati di riferimento, ma sappiamo che la democrazia italiana può superare le sue difficoltà solo se sarà sostenuta da grandi partiti alternativi, al governo o all’opposizione.
In questo quadro, con le nostre modeste forze, vogliamo contribuire alla costruzione di un grande partito della sinistra, attraverso un’informazione corretta e puntuale, il dialogo e una lotta politica con le forze che oggi confluiscono nel centrosinistra.
In questo primo maggio il sindacato è più debole perché più diviso: le confederazioni, come negli anni cinquanta, appaiono agganciate al governo o all’opposizione. I problemi nuovi e per molti versi drammatici che la globalizzazione pone al mondo del lavoro esigono invece un sindacato unito. La vertenza Fiat ci dice che è stato sconfitto chi non ha firmato gli “accordi”, ma anche chi ha firmato, a pagare sono i lavoratori. Non solo, si rende così più difficile un assetto sociale, diverso dal passato, ma più giusto di quel che vediamo e più condiviso. Tuttavia, va ricordato che nel sindacato, nel movimento cooperativo, che si sta unificando, nelle associazioni imprenditoriali, nel volontariato, si ritrovano milioni di persone motivate non solo dai loro interessi più immediati, ma dall’esigenza di pesare nelle scelte politiche. La democrazia italiana ha retto anche per la consistenza di questo associazionismo, dato che la politica è in crisi e sempre meno credibile. E per uscire da questa crisi occorre ripartire proprio dai problemi del paese che il complesso di questo associazionismo pone, per fare emergere con un forte impegno politico culturale un riformismo moderno in grado di promuovere sviluppo e giustizia in una società in cui le divaricazioni sociali si allargano anziché restringersi. Il berlusconismo è fallito su questo terreno. E si può uscire dal tunnel non con la sentenza di un tribunale, che può anche avere rilevanza politica, ma con una alternativa che metta al centro il domani di questo paese. Su questo terreno vogliamo dare il nostro contributo.
Cosa sarà questo giornale che forse ha una storia breve ma significativa segnata dalla sua nascita dall’opera di Antonio Polito, che seppe affermarlo nel difficile panorama editoriale, e dalle direzioni di Paolo Franchi e poi ancora Polito e anche la crisi di cui tanto si è parlato. La breve direzione di Stefano Cappellini ha dimostrato che nei giovani della redazione ci sono energie che possono assicurare un avvenire al Riformista.
Con loro, io e Marcello Del Bosco (che ha una grande esperienza di direzione nella carta stampata e nelle Radio e Tv) lavoreremo per fare di questo giornale una voce autonoma e possibilmente ascoltata.
Ringrazio tutti, sono molti, compagni, amici, colleghi giornalisti, parlamentari di schieramenti diversi che hanno voluto fare gli auguri a me e al giornale.
Non sono sciocco da non capire che a 87 anni non si dovrebbe assumere la direzione di un giornale. Ma in questa prima fase, come hanno deciso i compagni e gli amici che con me condividono questa avventura, forse era necessario, anche perché la mia storia politica e giornalistica vuole indicare in concreto un indirizzo editoriale e un metodo nei rapporti politici.
Ringrazio particolarmente il Presidente Napolitano per i suoi auguri che sono anche affettuosi. Qualche giornale ha scritto che, con me direttore, il Riformista sarà il “giornale del Presidente”. Sciocchezze di chi non conosce bene né me, né Napolitano. Il quale assolve il suo ruolo con autorevolezza e autonomia. Con minore autorevolezza ma con totale autonomia dirigerò questo quotidiano. A ciascuno il suo.
Buon lavoro a tutti.
domenica 1 maggio 2011
venerdì 29 aprile 2011
REFERENDUM: IL GOVERNO NON INFORMA? LO FACCIAMO NOI
“L’unica spiegazione alla mancanza di informazione sui referendum nelle reti radiotelevisive pubbliche, è che il governo ha davvero paura non solo che si raggiunga il quorum ma anche di una tripla bocciatura”.
E’ quanto afferma Riccardo Nencini, segretario del Psi, partito che ha che ha sostenuto la campagna di raccolta firme per i referendum.
“Acqua, nucleare e legittimo impedimento – prosegue - non sono banalità qualunque, ma tre temi decisivi per i cittadini e il funzionamento della nostra democrazia. Vuol dire che faremo noi quello che non fa il governo e per questa ragione sezioni, gazebo e stampa di partito sono già da oggi impegnati a fornire la necessaria informazione perché il 12 e 13 giugno gli elettori siano in grado di esprimersi con un voto consapevole”.
E’ quanto afferma Riccardo Nencini, segretario del Psi, partito che ha che ha sostenuto la campagna di raccolta firme per i referendum.
“Acqua, nucleare e legittimo impedimento – prosegue - non sono banalità qualunque, ma tre temi decisivi per i cittadini e il funzionamento della nostra democrazia. Vuol dire che faremo noi quello che non fa il governo e per questa ragione sezioni, gazebo e stampa di partito sono già da oggi impegnati a fornire la necessaria informazione perché il 12 e 13 giugno gli elettori siano in grado di esprimersi con un voto consapevole”.
mercoledì 27 aprile 2011
BERLUSCONI "CAMPIONE DELLA CAPRIOLA"
“Nelle stesse ore in cui accettava di utilizzare gli aerei italiani per bombardare i ‘lealisti’ libici, il nostro presidente del consiglio scriveva una lettera ai suoi parlamentari per invitarli a votare compatti la legge sul biotestamento in ‘difesa della vita’”.
E’ quanto afferma il segretario del Psi, Riccardo Nencini.
“A parte le vere e proprie falsità contenute nella lettera e in una proposta di legge che ci auguriamo non veda mai la luce, ammiriamo la grande capacità di Berlusconi di ‘servire tutti i padroni’: da Gheddafi a Obama, da Sarkozy al Papa. Un vero campione della capriola” conclude il leader socialista.
E’ quanto afferma il segretario del Psi, Riccardo Nencini.
“A parte le vere e proprie falsità contenute nella lettera e in una proposta di legge che ci auguriamo non veda mai la luce, ammiriamo la grande capacità di Berlusconi di ‘servire tutti i padroni’: da Gheddafi a Obama, da Sarkozy al Papa. Un vero campione della capriola” conclude il leader socialista.
lunedì 25 aprile 2011
PER COSA NON SI VOTA A GALLARATE E PER COSA SI VOTA
dal Blog dei Socialisti di Gallarate
A Gallarate è tempo di elezioni, fra non molto si voterà per eleggere sindaco e giunta: i politici locali ne parlano e si schierano, troppi fra loro intenti a proporre qualche immaginario shangri-la agli elettori ci spiegano perché uno dovrebbe votarli e votare il loro partito.
Io ritengo opportuno che ogni cittadino, prima di ogni altro ragionamento, si soffermi a pensare per cosa NON SI VOTA a Gallarate.
-Non si vota pro o contro Ruby-rubacuori.
-Non si vota pro o contro il processo breve.
-Non si vota pro o contro il carniere di barzellette che l'attuale presidente del Consiglio sciorina in tante occasioni pubbliche.
-Non si vota pro o contro il comunismo, in quanto il comunismo fa ormai parte della Storia, come Stalin, Hitler e Tamerlano, non certo del 2011.
-Non si vota pro o contro l'emigrazione dall'Africa, perché tale emigrazione è un fenomeno epocale e drammatico che riguarderà sempre più nei prossimi anni l'Italia e l'intera Europa, indipendentemente dal colore politico dei governi.
-Non si vota pro o contro le tasse, perchè governi e comuni, che siano di destra, centro, sinistra o leghisti, ne abbisognano e non mancano mai di caricarle sui cittadini in forma diretta (i meno furbi) o in forma indiretta (i più furbi).
-Non si vota pro o contro il federalismo, perchè la possibilità di realizzarlo è già nelle mani dei ministri del governo attualmente in carica.
-Non si vota pro o contro la Padania.
-Non si vota pro o contro la guerra in Libia, Gheddafi e le gheddafine.
-Non si vota per permettere a questa o quella forza politica di acquisire maggiore rilevanza sullo scacchiere della politica regionale, dato che le elezioni regionali ci sono già state.
-Non si vota pro contro una persona che promette il "massimo" per giovani, famiglie, scuola e ambiente, ma ci si domanda piuttosto costui, che governava insieme al sindaco uscente la città, cosa ha fatto sinora per giovani, famiglie, scuola e ambiente e ci si domanda inoltre cosa intenda per il "massimo", perchè è un termine sin troppo vago, persino ambiguo: il "massimo" può anche significare il "massimo del cemento" su Gallarate, e non credo che molti gallaratesi sarebbero d'accordo.
Se per "politica" intendiamo ancora "l'organizzazione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica", dovremmo chiederci quale direzione della vita pubblica propongono a Gallarate ed ai suoi cittadini i candidati in campo, e su questa base orientare una scelta di voto.
Io credo che l'ingegner GUENZANI, che i SOCIALISTI GALLARATESI sostengono fortemente,
1)con la sua scelta di porre un freno alla cementificazione della città ed agli ecomostri,
2)con la volontà di puntare sui servizi alla persona e di rendere i quartieri della città vivi e maggiormente vivibili, e non dei dormitori,
3)con la sua rinuncia a ragionare in termini di tattica politica (come invece sembrano ragionare i suoi avversari),
proponga la MIGLIOR DIREZIONE per Gallarate e perciò la POLITICA MIGLIORE.
Carlo Dentali
A Gallarate è tempo di elezioni, fra non molto si voterà per eleggere sindaco e giunta: i politici locali ne parlano e si schierano, troppi fra loro intenti a proporre qualche immaginario shangri-la agli elettori ci spiegano perché uno dovrebbe votarli e votare il loro partito.
Io ritengo opportuno che ogni cittadino, prima di ogni altro ragionamento, si soffermi a pensare per cosa NON SI VOTA a Gallarate.
-Non si vota pro o contro Ruby-rubacuori.
-Non si vota pro o contro il processo breve.
-Non si vota pro o contro il carniere di barzellette che l'attuale presidente del Consiglio sciorina in tante occasioni pubbliche.
-Non si vota pro o contro il comunismo, in quanto il comunismo fa ormai parte della Storia, come Stalin, Hitler e Tamerlano, non certo del 2011.
-Non si vota pro o contro l'emigrazione dall'Africa, perché tale emigrazione è un fenomeno epocale e drammatico che riguarderà sempre più nei prossimi anni l'Italia e l'intera Europa, indipendentemente dal colore politico dei governi.
-Non si vota pro o contro le tasse, perchè governi e comuni, che siano di destra, centro, sinistra o leghisti, ne abbisognano e non mancano mai di caricarle sui cittadini in forma diretta (i meno furbi) o in forma indiretta (i più furbi).
-Non si vota pro o contro il federalismo, perchè la possibilità di realizzarlo è già nelle mani dei ministri del governo attualmente in carica.
-Non si vota pro o contro la Padania.
-Non si vota pro o contro la guerra in Libia, Gheddafi e le gheddafine.
-Non si vota per permettere a questa o quella forza politica di acquisire maggiore rilevanza sullo scacchiere della politica regionale, dato che le elezioni regionali ci sono già state.
-Non si vota pro contro una persona che promette il "massimo" per giovani, famiglie, scuola e ambiente, ma ci si domanda piuttosto costui, che governava insieme al sindaco uscente la città, cosa ha fatto sinora per giovani, famiglie, scuola e ambiente e ci si domanda inoltre cosa intenda per il "massimo", perchè è un termine sin troppo vago, persino ambiguo: il "massimo" può anche significare il "massimo del cemento" su Gallarate, e non credo che molti gallaratesi sarebbero d'accordo.
Se per "politica" intendiamo ancora "l'organizzazione, l'amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica", dovremmo chiederci quale direzione della vita pubblica propongono a Gallarate ed ai suoi cittadini i candidati in campo, e su questa base orientare una scelta di voto.
Io credo che l'ingegner GUENZANI, che i SOCIALISTI GALLARATESI sostengono fortemente,
1)con la sua scelta di porre un freno alla cementificazione della città ed agli ecomostri,
2)con la volontà di puntare sui servizi alla persona e di rendere i quartieri della città vivi e maggiormente vivibili, e non dei dormitori,
3)con la sua rinuncia a ragionare in termini di tattica politica (come invece sembrano ragionare i suoi avversari),
proponga la MIGLIOR DIREZIONE per Gallarate e perciò la POLITICA MIGLIORE.
Carlo Dentali
sabato 23 aprile 2011
GIOVANARDI, L’INCOSTITUZIONALE E’ LUI
“Giovanardi: il vero incostituzionale è lui, non le coppie gay.” Lo ha dichiarato Roberto Biscardini, socialista, che ha aggiunto: “Dove è scritto in Costituzione che non si possa ritenere famiglia una coppia di fatto, etero o omosessuale. Giovanardi è un pessimo esempio di moralista senza morale. Ha votato in parlamento solo qualche settimana fa per coprire un reato di prostituzione minorile e si scaglia contro una pubblicità che mette in mostra l’affetto e l'unione di due uomini."
venerdì 22 aprile 2011
‘QUATTRO FIRME PER COMINCIARE A RIFARE L’ITALIA’
Domani giovedì 21 aprile, alle ore 12,30 in Piazza di Montecitorio, manifestazione del Psi per l’avvio della campagna ‘Quattro firme per cominciare rifare l’Italia (e mille tavoli per la raccolta delle firme)’.
L’iniziativa punta alla modifica dell’attuale legge elettorale, a cambiare il finanziamento pubblico per rendere sobria e trasparente la politica, a istituire una tassa equa sulle transazioni finanziarie e a innovare la legislazione sul lavoro per eliminare la precarietà e dare parità vera a uomini e donne.
Tavoli per la raccolta delle firme saranno presenti a partire da questa settimana in tutte le principali città d’Italia.
In piazza Montecitorio sarà presente il segretario del Psi, Riccardo Nencini con dirigenti e militanti del partito.
L’iniziativa punta alla modifica dell’attuale legge elettorale, a cambiare il finanziamento pubblico per rendere sobria e trasparente la politica, a istituire una tassa equa sulle transazioni finanziarie e a innovare la legislazione sul lavoro per eliminare la precarietà e dare parità vera a uomini e donne.
Tavoli per la raccolta delle firme saranno presenti a partire da questa settimana in tutte le principali città d’Italia.
In piazza Montecitorio sarà presente il segretario del Psi, Riccardo Nencini con dirigenti e militanti del partito.
Iscriviti a:
Post (Atom)